CORDISCO: Il nome dimenticato del Montepulciano d’Abruzzo

Nel vasto e affascinante universo della viticoltura italiana, esistono nomi che, pur appartenendo alla stessa anima del vino, sembrano destinati a scomparire nel chiacchiericcio della tradizione verbale.
Uno di questi è “Cordisco”, vecchio sinonimo del Montepulciano d’Abruzzo, un nome quasi del tutto dimenticato, sicuramente utilizzato pochissimo, ma che ancora riecheggia tra i filari di qualche vignaiolo fedele alla memoria contadina.

Il termine Cordisco ha radici antiche e a volte incerte, come spesso accade con i nomi popolari, spesso dialettali, legati ai vitigni che incarnano con forza l’identità della loro regione. Secondo alcune fonti, non ampiamente documentate, se non con minimi indizi risalenti al XIX secolo, Cordisco era il modo con cui veniva comunemente indicato, specie nelle aree rurali della zona interna dell’Abruzzo, quel vitigno che oggi conosciamo come Montepulciano d’Abruzzo.

L’origine del nome, lascia diverse interpretazioni e non è certa, anche se questo alone di mistero accresce il suo fascino; Una delle ipotesi lo collega alla parola “corda”, forse in riferimento alla flessibilità dei tralci della vite, che si adattano facilmente alla legatura, oppure, alludeva alla robustezza del tralcio e forse anche alla vigorosità della pianta.

Un’altra si riferisce alla forma allungata del grappolo che, nei testi antichi veniva a volte descritto come “pendulo allungato come una corda”.

Un’altra teoria, lo collega al termine dialettale “lu curdisce”, usato in alcune zone dell’Abruzzo per indicare un movimento lento ma continuo, quasi a voler evocare il ritmo con cui questo vitigno matura, tardivo maregolare, regalando uve cariche di colore e struttura.

Alcuni ritengono perfino che il nome potrebbe derivare dal latino “cordis” (cuore), forse con riferimento alla forma cuoriforme e compatta di alcuni grappoli.

Con l’istituzione delle prime denominazioni di origine, risalenti agli anni ’60, l’Italia si trovò a dover dare un volto ufficiale alla propria viticoltura e, in questo processo di regolamentazione, il vitigno Cordisco venne riconosciuto, ufficializzato e registrato come Montepulciano, e il vino prodotto in Abruzzo, ottenne nel 1968 la Denominazione di Origine Controllata, con il nome di Montepulciano d’Abruzzo.

La scelta del nome rispose a esigenze di semplificazione, ma anche di marketing territoriale, privilegiando una denominazione che suonasse più familiare e forse anche un po’ più autorevole per un pubblico nazionale e internazionale.

Il termine Cordisco, seppur ancora presente in alcuni documenti ampelografici, venne nel tempo usato sempre meno a favore del Montepulciano d’Abruzzo, questo si verificò tanto nei registri ufficiali quanto nella comunicazione commerciale, preferendo un termine univoco che fosse facilmente riconoscibile e proponibile nel mercato globale.

Questo termine è oggi utilizzato molto raramente, un nome dimenticato dai più, ma mai abbandonato definitivamente, che resiste in alcune zone interne dell’Abruzzo, spesso tra i vignaioli più anziani, oppure in contesti di ricerca storica e culturale.

Non è più in uso nelle pratiche enologiche moderne, né compare nelle etichette, salvo rarissime eccezioni da parte di alcuni produttori che desiderano evocare la memoria identitaria del vitigno. In alcune pubblicazioni specialistiche, viene ancora indicato come sinonimo ufficiale del Montepulciano, ma nella percezione collettiva odierna è un termine che va sempre più scomparendo.

Qualcuno si è spesso chiesto se Cordisco e Montepulciano d’Abruzzo fossero realmente la stessa cosa oppure se ci fosse qualche differenza, se pur minima; I due termini si riferiscono senza alcun dubbio, allo stesso vitigno, ovvero “Vitis vinifera Montepulciano d’Abruzzo”, da non confondere assolutamente con il Sangiovese del Vino Nobile di Montepulciano toscano, trattandosi di due vitigni completamente differenti che hanno soltanto una parte del nome in comune.

Un vitigno che matura tardivamente, tra la seconda e la terza decade di ottobre, caratteristica che gli consente di esprimere al meglio il potenziale fenolico, oltre a una notevole ricchezza zuccherina, soprattutto nei terreni collinari ben esposti. 

Il vino che ne deriva si distingue per il colore rubino profondo, con riflessi violacei e sentori odorosi che spaziano dal sottobosco al terroso, dalle more e ciliegie nere ai sentori di liquiriziatabacco dolce e spezie.

È spesso dotato di una buona struttura e di tannini presenti ma mai invadenti, caratteristiche che lo rendono adatto sia al consumo giovane che a lunghi affinamenti, anche in legno.

Queste caratteristiche hanno reso il Montepulciano d’Abruzzo, alias Cordisco, un vino capace di grandi interpretazioni, sia in purezza che in blend, sia in acciaio che in legno, mantenendo anche una straordinaria versatilità nell’abbinamento gastronomico.

È sicuramente possibile che alcune vecchie vigne chiamate ancora Cordisco, presentino cloni o biotipileggermente diversi, consolidati nel tempo da selezionipotature manuali e adattamenti pedoclimatici. In questo caso, si tratterebbe della medesima identità viticola, ma non necessariamente di una perfetta omologazione genetica che ne certifichi una differenza sostanziale; È qui che la vite mostra tutto il suo fascino, individuando il fascino di una varietà nel contesto di un’identità ben specifica.

Cercare di recuperare il nome Cordisco, può avere esclusivamente un senso storico-sentimentale, in quanto si cercherebbe di riscoprire una pagina quasi dimenticata della storia del vino abruzzese, con il solo intento di omaggiare la cultura contadina che tanto ha fatto per la viticoltura abruzzese.

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