Rosarubra rilancia Torri, marchio storico teramano

cantine torri

Iacobone: «La cantina ha grandi potenzialità e i numeri per crescere»

di Antonio De Frenza

PESCARA. Rosarubra scavalca il confine tra le province di Pescara e Teramo e da Pietranico va a fare acquisti a Torano nuovo dove acquisisce Cantine Torri, una realtà storica del territorio, nata negli anni Sessanta e per lungo tempo punto di riferimento della viticoltura locale. Regista dell’operazione è Riccardo Iacobone, titolare della Rosarubra (e della Micso, azienda leader nei servizi internet).

Iacobone, non succede tutti i giorni che una cantina passi di mano.
«L’operazione nasce proprio dalla natura di Rosarubra, che è una creazione nata sotto il segno dell’eccellenza, come produzione ma anche come comunicazione dei prodotti del territorio. Abbiamo quindi intercettato questa cantina teramana, molto importante, che si trova a Torano nuovo in piena zona Docg, e che quest’anno festeggia i 50 anni dalla fondazione».

Siamo dunque nel 1966.
«Torri è nata come cantina sociale. Era di fatto il collettore di tutti i produttori della zona. Poi è diventata privata, ma direi che la quasi totalità dei produttori presenti nel teramano sono partiti come soci di questa cantina. Poi ognuno ha scelto la sua strada. Quando siamo arrivati era però in un momento di stanca per un mancato rinnovamento generazionale. E non si poteva lasciare che una realtà così importante fosse destinata a sparire, lo dico sia sotto il profilo etico che di business».

Quando siete subentrati?
«A fine luglio e abbiamo subito cominciato a ristilizzare tutti i tratti, a partire dal packaging e dal marchio».
Avete cambiato anche il nome.
Si chiamava Cantine Torri, noi l’abbiamo rinominata Torri Cantine, la vernice storica resta».

Parliamo di numeri.
«La cantina ha una capacità di stoccaggio di 70mila ettolitri, quando è nata veniva conferito qui tutto il raccolto della zona. Oggi non arriva a produrre queste quantità, ma nei nostri piani dovrà tornare a farle, perché se Rosarubra è un progetto di nicchia dove i numeri non sono importanti, Torri i numeri li deve fare e ha le carte in regola per competere sullo scenario nazionale e internazionale con buoni volumi. Ripeto, il tratto comune che lega Torri e Rosarubra è la rappresentazione dell’eccellenza che abbiamo ben chiara sia nel progetto Rosarubra che nel progetto Torri».

Qual è la linea di prodotti?
«È una linea molto completa: sono 13 prodotti suddivisi su tre fasce a partire dalle fasce molto abbordabili a livello di costo fino alle riserve: Torri dispone di una bottaia bella e grande dove si possono fare lavori di qualità. In più si trova nella zona del Teramano più vocata al Montepulciano, e si trova nella zona di nascita di Pecorino e Passerina che è contesa al confine tra Marche e Abruzzo. Li è possibile fare Pecorino doc e Passerina doc perché sono zone indentificate nei disciplinari».

Lavorate solo uve conferite dai produttori?
«No, noi prendiamo qualcosa a livello di conferimento ma attualmente la cantina si muove su 60 ettari di propria produzione».

La vostra politica commerciale?
«Distribuiamo solo nel mercato horeca quello dei ristoranti enoteche e bar, non siamo nella grande distribuzione, vedremo andando avanti. Sappiamo che Torri è appetibile per la grande distribuzione ma le nostre politiche sono chiare: non creiamo prodotti per venderli sullo scaffale, sono prodotti di estrema eccellenza che vanno valorizzati per quello che valgono».

Il prodotto di punta?
«È l’unico prodotto a cui non abbiamo cambiato nome. Si chiama Turan, un Montepulciano Docg riserva, molto bello con un’espressione molto particolare».

Il consorzio Colline Teramane di cui fa parte Torri sta per cambiare la denominazione perché ritiene il Montepulciano un brand ormai poco legato all’identità dell’Abruzzo. E’ d’accordo?
«Posso capirne le motivazioni. Oggi legarsi solo al nome Montepulciano d’Abruzzo può voler dire nell’immaginario collettivo essere considerati come un prodotto di fascia bassa. Questo lo verifico sia con l’Italia che con l’estero. Quindi conviene di più uscire con l’espressione di un territorio. Non dimentichiamo poi che più della metà del Montepulciano d’Abruzzo a denominazione viene imbottigliato fuori dalla regione. Mentre ci sono realtà locali come il Primitivo di Manduria o il Primitivo del Salento che cominciano a essere più interessanti del Montepulciano, per non parlare del Trebbiano, per quanto questi nostri vitigni siano fantastici. Noi come Rosarubra ci siamo staccati e abbiamo creato un brand autonomo: il nostro cliente italiano e soprattutto estero non fa riferimento al nome del vitigno, noi proponiamo la globalità del progetto. In questo senso c’è ancora tanto da lavorare in Abruzzo, partendo sempre dal concetto di eccellenza e superando la dissennata politica di comunicazione e commercializzazione fatta negli anni scorsi».

Fonte: Il Centro

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