Metodi di Spumantizzazione – Il Metodo Ancestrale

Le bollicine del vino, rappresentano un fenomeno affascinante che crea ulteriori emozioni alla bevanda più celebre al mondo, arricchendola di un gioco unico di luci e riflessi. In Italia, le bollicine sono sinonimo di spumante, proveniente da un vino o blend di vini, anche di diverse annate (cuvée), che attraverso una seconda fermentazione crea una emozionante spuma di anidride carbonica.

Questo processo conferisce al vino uno straordinario effetto visivo, oltre a un gusto fresco, brioso ed effervescente, tipico di questa categoria.

  

L’origine “consapevole” della spumantizzazione è di difficile individuazione, anche se la leggenda più nota narra di un certo Dom Pierre Pérignon, monaco benedettino dell’abbazia di Hautvillers, nel dipartimento della Marna, al nord-est della Francia, che nel 1670, nel tentativo di vinificare vini fermi, fu artefice di una rifermentazione in bottiglia, ovvero una spumantizzazione naturale che oggi chiameremmo “ancestrale”.

Questo evento, che si presume sia effettivamente accaduto, evidenzia la non intenzionalità del monaco di voler produrre vini frizzanti e assume un’aura quasi leggendaria, in quanto non supportato da alcuna documentazione scritta.

Storia ben diversa è invece quella del dottor Francisci (Francesco) Scacchi di Fabriano, che nel 1622 in un suo libro intitolato “DE SALVBRI POTV DISSERTATIO” (dissertazione sul bere sano) descrisse in modo minuzioso e particolareggiato il procedimento da seguire per rendere “piccante” (sinonimo antico di effervescenza) un vino fermo, anticipando di quasi mezzo secolo gli esperimenti del monaco Pérignon.

Quindi, se la leggenda vuole che Dom Pérignon abbia avviato per primo una certa quanto accidentale e inconsapevole produzione di vini frizzanti è altrettanto vero che il farmacista marchigiano, grazie alle sue altrettanto certe riflessioni riportate nel suo libro, lo abbia preceduto di quasi cinquant’anni.

Entrambi i “contendenti”, dovranno purtroppo accettare il fatto che il vino frizzante esiste da sempre visto che tracce della sua esistenza risalgono all’Impero Romano, all’antica Grecia e persino ad alcuni passi della Bibbia. È inoltre inconfutabile che i monaci di St-Hilaire, a Limoux, nel sud della Francia, già nel 1531 avevano prodotto un vino frizzante noto con il nome di “Vin de Blanquette”, creato con il “méthode rurale” che è appunto il metodo ancestrale.

Nel corso del tempo e grazie al contributo di personaggi come Lavoisier e Pasteur la produzione di spumanti è migliorata moltissimo: mi riferisco alla differente pressione interna della bottiglia e la conseguente maggiore resistenza delle stesse, ai tappi di sughero e alla maggiore consapevolezza del ruolo dei lieviti nella fermentazione.

Diversi sono i metodi noti per la spumantizzazione, anche se i principali sono tre:

  1. Il primo è il Metodo classico, sicuramente il più conosciuto e amato nel mondo, il procedimento che dà vita allo champagne, si basa sulla rifermentazione in bottiglia di un vino base bianco, spesso una miscela di uve selezionate. È il procedimento dal quale provengono gli spumanti più prestigiosi e apprezzati, vini di alta qualità, dall’aroma complesso, con bollicine fini e persistenti. 
  2. Il secondo è il metodo Martinotti-Charmat, un procedimento che non prevede la rifermentazione in bottiglia in quanto il vino base viene fermentato in grandi contenitori chiamati autoclavi, insieme a lieviti e zuccheri. La durata tipica del procedimento è di 2/3 mesi, anche se esiste una procedura “lunga”, i cui tempi di attesa in autoclave possono prevedere una permanenza di almeno 6-9 mesi.
  3. Il terzo metodo, sicuramente il più antico e naturale dei tre è il metodo ancestrale o tradizionale, nel quale è prevista una rifermentazione in bottiglia, ma del tutto naturale e che utilizza gli stessi lieviti indigeni utilizzati nella vinificazione del vino base; si interromperà la spumantizzazione semplicemente abbassando la temperatura, per poi rialzarla una volta imbottigliato.

Ognuno di questi metodi genera spumanti con caratteristiche diverse: Il metodo classico produce vini solitamente complessi e di buon corpo, il Martinotti-Charmat dà vita a spumanti leggeri, freschi e profumati come il prosecco, mentre il metodo ancestrale crea vini non filtrati, del tutto naturali e con una tipica velatura, generata da sedimenti che arricchiscono il vino di aromi fruttati, intensi, agrumati, di panificazione e tipicità.

Ogni metodo ha la sua storia e contribuisce alla magnifica varietà di spumanti presenti sul mercato.

Qualche parola in più sul metodo Ancestrale, un procedimento naturale che raggiunge ottimi livelli di eccellenza pur rispettando la tradizione più autentica.

Nel vasto universo delle bollicine, questo antico metodo si erge con maestria nella storia del vino, unico precursore di ogni successiva tecnica di spumantizzazione, la cui storia è intrisa di gusto e tradizione.

Il metodo ancestrale, noto anche come “méthode rurale” o “méthode artisanale”, trova le sue origini nei secoli passati, un’arte tramandata attraverso generazioni, con radici che si fondono con il terroir e la maestria dei vignaioli di epoche lontane.

A differenza di altri metodi sofisticati, il procedimento ancestrale, ovvero la naturale rifermentazione in bottiglia, celebra l’originalità: le uve vengono pigiate delicatamente in modo da estrarre i lieviti autoctoni dalle bucce degli acini (dalla pruina) a cui segue una fermentazione, generalmente in acciaio e a temperature controllate.

A seguire, la fermentazione viene rallentata fino a bloccarla, semplicemente abbassando la temperatura al di sotto dei 10 gradi, ma mantenendo un’adeguata quantità di zuccheri e lieviti, necessaria per poterla far ripartire una volta rialzata la temperatura.

Il vino appena prodotto verrà imbottigliato e tappato senza ulteriore aggiunta di lieviti o zuccheri e la fermentazione riprenderà naturalmente all’aumento della temperatura, dando vita a nuove bollicine del tutto naturali.

Ciò che rende unico il vino proveniente dal metodo ancestrale è la sua riluttanza a essere uniformato agli altri spumanti, non è infatti prevista l’eliminazione dei residui di fermentazione (sboccatura) né la filtrazione, in quanto i sedimenti vengono considerati parte integrante del vino, caratteristica imprescindibile che gli permetterà di trasmettere emozioni uniche al degustatore.

A tal riguardo, il servizio di un vino ancestrale potrà essere effettuato in due modi: versandolo lentamente per lasciare nel calice del degustatore una modesta quantità di residui, permettendogli anche di apprezzare un’accettabile limpidezza o capovolgendo la bottiglia – anche nel cestello del ghiaccio – cercando di far andare in circolo più sedimenti possibile, proprio per esaltare al massimo l’intensità delle caratteristiche del vitigno, oltre alla maggiore complessità organolettica da lui stesso generata.

Il metodo ancestrale crea vini che non sono per tutti i gusti, non tutti sanno apprezzare le eccellenti sfumature che è in grado di offrire, nonostante la sua raffinata semplicità ed è questo il motivo per il quale è poco richiesto. Un vino dall’incredibile personalità che sfida il passare del tempo, uno spumante diverso dagli altri, creato con passione e maestria, dove la tradizione è percepibile a ogni sorso.

La tenuta di Rosarubra di Pietranico, con la sua agricoltura biologica e biodinamica, abbraccia da sempre una filosofia che valorizza la salute del terreno, la biodiversità e il rispetto delle tradizioni agricole.

metodo ancestrale

Da diversi anni sono stati realizzati due spumanti ancestrali brut di magnifica fattura, i KHAOS trebbiano e pinot grigio, entrambi in purezza, che rappresentano il perfetto connubio tra ricercata eleganza e salute del consumatore.

A una temperatura fredda di 6-8° ben si abbinano ad aperitivi, antipasti, primi, secondi e formaggi semi stagionati: li immagino con calamari alla griglia, ostriche al gratin, sarago in crosta di patate, vellutata di asparagi con patate, salumi, gnocchi burro e salvia, costarelle di pecora scottadito, maiale in crema di zenzero e soufflé al formaggio con funghi, comunque mai sapori troppo delicati che possano temere il confronto.

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