Articolo di Francesco Properzi Curti
In campo enologico, tutti i processi a cui si sottoporrà il vino dal momento della sua produzione – quindi una volta terminata la vinificazione – inclusi i brevi, lunghi o lunghissimi riposi, rappresenteranno l’evoluzione che il vino farà nel corso della sua vita.
Quindi, effettuata la vendemmia, la diraspatura e la pigiatura, il mosto dovrà fermentare in appositi contenitori chiamati “fermentini” per diventare vino, ma prima di poter essere degustato, sarà necessario che riposi per “stabilizzarsi”, per maturare nel colore, nei profumi e nei sapori tipici del vitigno di provenienza, o di più vitigni, nel caso si tratti di un blend.
I materiali comunemente usati nella sua evoluzione sono acciaio, legno, cemento, terracotta e vetro e l’enologo avrà il delicato compito di scegliere il materiale che riterrà più performante per quel tipo di vitigno e per la tipologia di vino che vorrà ottenere.
Questi contenitori sono i vasi vinari, servono per accogliere il vino durante le fasi della sua maturazione e si differenziano tra loro per il materiale di cui sono composti, le loro dimensioni e in alcuni casi l’età.
Stando quindi in diretto contatto con l’elemento che custodiscono, risulteranno di fondamentale importanza nell’evoluzione di cui stiamo parlando, proprio per lo scambio interattivo che si verrà a creare e che porterà a risultati differenti a seconda del contenitore utilizzato.
È indispensabile quindi che l’enologo abbia l’esperienza e le giuste conoscenze delle mutazioni che il vino subirà, una volta messo a contatto con alcuni materiali piuttosto che altri, in modo da poter preventivamente scegliere la composizione del vaso vinario, le dimensioni e il tempo di permanenza, necessari per non rischiare di far diventare il vino banale o impersonale.
Alcune tipologie di vino, alcuni vitigni, dovranno sottostare alle Leggi a cui sono subordinati, i cosiddetti disciplinari, più o meno rigidi a seconda del prodotto che si vuole ottenere, che stabiliscono il percorso minimo che un vino deve seguire per potersi fregiare di una determinata denominazione. A seguire l’enologo, a suo insindacabile giudizio, potrebbe protrarre la permanenza del vino nei vasi vinari o in bottiglia, per un periodo anche superiore a quello indicato dai regolamenti.
Vista la vastità dell’argomento, oggi ci limiteremo alla trattazione della sola maturazione in legno, rimandando ai prossimi “appunti”, l’illustrazione degli altri materiali.
Il legno, al contrario del più giovane acciaio, è un materiale che interagisce molto con il vino con cui è a contatto, cedendo sostanze e permettendo una buona micro-ossigenazione attraverso i suoi pori.
I contenitori creati con questo materiale, le botti, richiedono una particolare manutenzione generale e, prima dell’utilizzazione, necessitano anche di un tipico trattamento detto “abbonimento”, necessario per conformarli al igienico accoglimento del vino.
L’essenza più utilizzata è la quercia, in particolare il rovere, che è un materiale di ottima qualità in grado di resistere alle lavorazioni e ai trattamenti, pre e post utilizzo, oltre a essere particolarmente adatto alla conservazione e al lungo invecchiamento.
Le migliori essenze provengono dalle foreste della Slavonia in Croazia, da quelle francesi del Massiccio Centrale, dai Vosgi alsaziani e dal centro Europa che, prima di poter essere utilizzati, verranno sottoposti a dei trattamenti disidratanti che possono durare dai 2 ai 5 anni.
La botte, una volta riempita, cederà al vino molti profumi quali ad esempio: vaniglia, chiodi di garofano, pepe bianco, pepe nero, liquirizia, tabacco, caffè, rosa appassita e altri ancora, in maniera proporzionale al livello di tostatura raggiunto che, in base alla richiesta, potrà essere leggera, media o forte.
È importante sottolineare che il legno, messo a contatto con il vino, potrà al massimo esaltarne le proprietà esistenti, ma nulla di più, non potrà mai migliorarlo, qualora si trattasse di un prodotto di per sé deludente.
In merito alle dimensioni, se la botte è piccola, ci sarà una percentuale maggiore di superficie di vino a contatto con il legno, quindi si verificherà una buona e più rapida evoluzione, al contrario, se la botte è grande, ci sarà una superficie minore di vino a contatto con il legno, e quindi una minore e più lenta evoluzione.
Le botti in legno più utilizzate
Le BOTTI GRANDI, hanno una capacità che varia solitamente dai 3.000 ai 5.000 litri e anche oltre, e vengono utilizzate sia per la fermentazione del mosto (creazione del vino) che per la maturazione o il lungo invecchiamento.
L’utilizzo della botte grande non vuol assolutamente significare che si vogliono ottenere vini di qualità non elevata, anzi, il contatto tra vino e legno è minore rispetto a quelle più piccole, pertanto i sentori terziari (quelli provenienti dalla maturazione), saranno molto delicati, lasciando emergere quelli primari (del vitigno, dell’uva) e i secondari (della vinificazione, della fermentazione del mosto).
Riducendo la dimensione della botte, troviamo le TONNEAU, da 500 lt, anche se alcune arrivano anche a 700 lt; il contatto tra vino e legno è maggiore rispetto alle botti grandi, ma minore rispetto a quelle più piccole come le barriques, pertanto l’ossigenazione e l’apporto di sentori terziari, saranno più intensi rispetto ai grandi tini e più delicati rispetto alle barriques.
Riducendo ancora la dimensione della botte, e conseguentemente anche la sua capacità, troviamo le più diffuse e preferite al mondo, le BARRIQUES, con una capacità di 225 lt.
Il contatto tra vino e legno è maggiore rispetto alle tonneau e alle botti grandi, quindi l’ossigenazione, la cessione dei tannini del legno e i sentori di tostatura saranno maggiori rispetto alle precedenti e l’apporto degli aromi terziari, sarà più vigoroso, sovrapponendosi parzialmente ai sentori primari e secondari.
Le più piccole di tutte sono i BARILI che non superano mai i 15-16 litri, vengono solitamente utilizzati per quei vini che non prevedono alcun imbottigliamento ed è abitudine versarli direttamente nelle caraffe, per poi essere serviti al tavolo. Non hanno una grande risonanza commerciale, salvo essere utilizzati come elementi di arredo nei locali tipici per via del loro aspetto accattivante.
Concludendo, l’ultimo aspetto da valutare per avere una maturazione controllata è dato dall’età della botte, o meglio ancora, se è stata usata in precedenza o è al suo primo “passaggio” di vino.
Se la botte è nuova, quindi al suo primo “passaggio”, si verificherà un discreto fenomeno di cessione di tannini e aromi dal legno al vino, arricchendosi di apprezzabili note dolci e astringenti che si affievoliranno nel corso degli anni.
È bene ribadire che l’obiettivo non è dare un nuovo sapore al vino che evolve, non lo si vuole aromatizzare, ma si cerca di farlo interagire con l’ambiente esterno che lo circonda, che lo porterà a una trasformazione nel colore, negli aromi e nel gusto.
Dal punto di vista sensoriale, il passaggio in legno accompagnerà il vino da una fase di immaturità, in cui sarà acre, pungente, acerbo a una fase di maturazione completa, quindi morbido, rotondo, garbato.
Il colore, passerà gradualmente dal rosso con riflessi violacei a tonalità granate fino a quelle aranciate, oppure da un giallo paglierino con riflessi verdolini, a riflessi aurei, fino al dorato.
L’olfatto si svilupperà con l’incremento dei sentori di note speziate, di confettura e di tostatura, con riferimenti a cuoio, cacao, tabacco.
Nel gusto, si verificherà un graduale ammorbidimento complessivo, con un depotenziamento degli acidi e l’avvicinamento dei tannini del vino con quelli del legno. I migliori risultati si ottengono da affinamenti compresi tra i 18 e i 24 mesi che consentono una piena e graduale maturazione del vino.