Tutti sappiamo quanto grande e affascinante sia il mondo che ruota intorno al vino che da millenni ottiene consensi in tutto il mondo, tuttavia, nel corso degli ultimi secoli sempre più persone hanno smesso di considerare la degustazione come una semplice bevuta, pretendendo il rispetto dell’imprescindibile forma che da centinaia di anni lo accompagna.
Monsignor Della Casa con il suo “Galateo” da quasi cinque secoli ci indica il corretto comportamento che ognuno di noi dovrebbe avere durante un raffinato convivio, includendo ovviamente il servizio del bere e possiamo dire che molte di queste regole sono ancora rigorosamente in uso per il semplice fatto che, oltre a manifestare eleganza, facilitano molto anche l’analisi gustativa.
La “forma” tra protocollo e quotidianità
Naturalmente oggigiorno, molte delle regole stabilite dal “protocollo” sono considerate desuete e fuori moda, soprattutto nelle conviviali tra amici e condivisibili soltanto negli eventi ufficiali di Stato e negli avvenimenti di una certa rilevanza pubblica che ovviamente non rappresentano la quotidianità di molti di noi.
Il padrone di casa, anche se invitasse i suoi ospiti al ristorante è il responsabile del successo o meno dell’evento e quindi è lui a decidere il livello di formalità da adottare, stabilendone le regole, anche qualora decidesse di affidarsi ai consigli di un professionista esterno.
La scelta dei vini
I vini verranno scelti e serviti seguendo una prassi differente a seconda del programma che si intende seguire durante il convivio e al cibo che verrà servito per l’occasione, decidendone sequenza, tipologia, colore, annata, grado alcolico e caratteristiche organolettiche.
Se gli invitati dovessero fare richieste diverse da quanto pianificato, si farà di tutto per accontentarli, ma se ciò non dovesse verificarsi, la consuetudine prevedrebbe di iniziare con delle bollicine o bianchi fermi leggeri, per poi passare ai rosati e ai rossi, rispettando la precedenza delle annate più recenti e a parità di colore, dal più leggero al più alcolico.
A fine pasto, momento nel quale solitamente è previsto il dessert, verrà proposto un vino dolce, fermo o bollicina, salvo sempre servire altro, su richiesta dell’ospite.
La “mise en place” e la disposizione dei calici
Ogni “mise en place formale” che si rispetti prevedrà un bicchiere, calice, flûte o coppa, per ogni bevanda servita, da un minimo di tre a un massimo di quattro sulla base dei vini stabiliti, l’uno accanto all’altro, posizionando il primo in corrispondenza della punta del coltello, preferibilmente in linea retta e obliqua.
L’acqua può essere servita nel classico bicchiere dalla forma più o meno cilindrica, oppure in un calicea “tulipano” di media dimensione e con il gambo più corto di quello previsto per il vino bianco.
Seguirà un terzo calice di dimensione maggiore, il “renano”, indicato per i vini rosati e rossi che verrà posizionato in mezzo ai precedenti, fino a prevedere calici particolari come le “flûte” per gli spumanti secchi, le “coppe” per gli spumanti dolci e i “tulipani piccoli” per i vini dolci fermi, che potranno essere tranquillamente portati a fine pasto, ma solo dopo aver sparecchiato gli altri bicchieri.
Naturalmente, in un evento informale, la “mise en place” si mostrerà molto meno elaborata ma non per questo meno sobria ed elegante.
Vino: il servizio
I vini dovranno essere serviti contemporaneamente o nell’istante immediatamente successivo all’arrivo della prima portata e qui è importante rispettare due criteri fondamentali:
– il primo riguarda l’abbinamento: è indispensabile per far sì che le caratteristiche del vino esaltino quelle del cibo e viceversa; a tal proposito, poiché nel corso del pasto è inevitabile che si crei un individuale adattamento ai sapori, sarà necessario che col susseguirsi delle portate e dei vini, le percezioni aumentino di intensità, succulenza e aromaticità. Qualora ciò non accadesse o peggio si verificasse il contrario, i piatti e i vini serviti successivamente, darebbero la sensazione di aver perso sapore e intensità, risultando poco apprezzabili se non addirittura deludenti.
– il secondo invece è necessario per servire il vino nel migliore dei modi: stappatura, verifiche di rito, ossigenazione, temperatura di servizio con eventuale utilizzo del cestello del ghiaccio, decantazione o semplice versamento in caraffa.
La stappatura
Durante l’apertura di una bottiglia il tappo andrà estratto con attenzione, delicatamente, per evitare il rischio di “residui di sughero” oltre alle “vibrazioni” che in alcuni vini potrebbero agitare i depositi a lungo sopiti.
Per questo motivo, oltre che per evitare una procedura poco elegante, il “BOP” o peggio il BOTTO delle bottiglie di spumante sono assolutamente da evitare.
La bottiglia dovrà essere mostrata sempre alla sinistra dell’ospite, mentre verrà servita sempre alla sua destra, con l’etichetta rivolta verso il cliente onde facilitarne la visibilità, si farà altresì attenzione affinché il collo della bottiglia non tocchi il calice e terminata la mescita, si cercherà di evitare qualsiasi gocciolamento effettuando una leggera rotazione della bottiglia, andandole incontro con il tovagliolo in dotazione.
Riempimento del calice
I calici vanno riempiti poco più di un terzo mentre con le flûte e le coppe si può arrivare a superare i due terzi ma sempre riempiendoli in due tempi, aspettando che la spuma si abbassi ed evitandone il gocciolamento.
Se il commensale dovesse per qualsivoglia motivo, non gradire più il vino, potrà comunicarlo con un gesto, un cenno con gli occhi, una parola sussurrata e discreta, ma senza mai toccare il calice.
Non appena i calici saranno stati tutti serviti, le bottiglie contenenti ancora del vino potranno essere lasciate sul tavolo o nel cestello del ghiaccio, ma quando dovessero vuotarsi, gli ospiti sono esortati a lasciarle sul tavolo e richiederne altre, ma certamente mai rovesciarle nel cestello.
Le precedenze
Quando tutto è stato previsto per garantire il massimo dell’apprezzamento da parte dei commensali, allora non resterà che seguire un ordine di precedenze nel pieno rispetto dei presenti.
Senza prendere in considerazione la presenza di ospiti illustri come alcune alte cariche dello Stato o della Chiesa, che per il loro prestigio istituzionale debbono essere sempre servite per prime, proviamo a immaginare come dovremmo comportarci a un evento privato, qualora volessimo rispettare forma ed “etichetta”.
Sventato il rischio della presenza di alte cariche dello Stato, che comunque sono sempre circondate da uno stuolo di professionisti e cerimonieri che sanno bene come comportarsi, se si sta festeggiando qualcuno, il festeggiato sarà doverosamente servito per primo, altrimenti l’onore passerà al prelato, qualora fosse presente.
Accantonati i casi particolari, la precedenza è ovviamente riservata alle signore, come è giusto che sia, compresa la padrona di casa che però, per mera cortesia nei confronti delle sue ospiti, verrà servita per ultima e solo allora verranno serviti i signori, cercando di rispettare un ordine decrescente di età.
I doveri dell’ospite
Detto questo, la conviviale è iniziata senza che gli ospiti si siano ancora dovuti preoccupare di nulla, visto che tutto è stato fatto dai padroni di casa o dalla brigata di servizio del ristorante, ma da questo momento inizieranno i primi doveri per gli ospiti, che in fondo, sono semplicemente davanti a un bicchiere di vino…
Il calice ha quella forma proprio perché lo si possa prendere dal gambo o dalla base, con le dita e nella massima semplicità possibile, evitando di afferrarlo dalla coppa come se fosse un cognac, sottraendosi così al rischio di velocizzarne il processo di riscaldamento.
Durante la mescita, il bicchiere va lasciato sul tavolo e una volta riempito, non va mai fatto roteare vorticosamente come fosse una “centrifuga”, perché non servirà a verificarne la consistenza del vino né a raggiungere il desiderato livello di ossigenazione, salvo forse a generare ilarità. Quando la quantità di vino versata dovesse risultare a noi confacente, come già detto, sarà sufficiente un segnale composto, anche un semplice e sempre più raro ringraziamento, per interrompere l’operazione, senza il bisogno di muovere il calice dal tavolo.
Il vino va portato alla bocca e non viceversa per un assaggio misurato, ma solo dopo essersi assicurati di non avere del cibo residuo in bocca ed essersi asciugati le labbra con il tovagliolo, prima e dopo il sorso, evitando di lasciare tracce di qualsiasi genere sul vetro.
Con la bocca si potrà solo conversare, tra una deglutizione e il successivo boccone, ma sempre con un tono moderato, evitando – manco a dirlo – qualsiasi rumore provenisse dall’assunzione di alimenti.
Il brindisi è previsto solo in alcuni eventi particolari quali ricorrenze, cerimonie o eventi straordinari e sempre su invito del padrone di casa o dell’ospite d’onore: in questi casi ci si alza in piedi levando i calici in onore del o dei festeggiati e dei presenti, ma senza mai far risuonare i calici.
La conclusione del pasto e i vini da dessert
Con l’arrivo del dolce e sempre previo consenso dell’ospite, si potranno togliere i bicchieri del vino utilizzati fino a quel momento e si porteranno i calici da vino dolce che possono essere coppe per le bollicine o tulipani piccoli per i fermi.
Naturalmente c’è una bella differenza tra una conviviale organizzata nel segno della formalità, dove probabilmente non si avrà confidenza con la gran parte dei presenti e una organizzata tra amici in nome della leggerezza. In entrambi i casi è importante usare il buon senso e qualora ci venisse un dubbio, far mente locale sugli insegnamenti dei nostri genitori su come dovevamo stare a tavola che sicuramente erano appropriati, ma ricordatevi la regola più importante e cioè: “nessuno sarà più in errore di colui che te lo farà notare”.