Scopriamo quali sono gli aspetti del vino che potrebbero fare male al nostro corpo, analizzando cosa contiene ogni singola bottiglia e perchè di tanto in tanto non ci sentiamo bene.
Come tutti sanno il vino è il prodotto ottenuto dal processo di vinificazione, ovvero fermentazione dell’uva fresca.
A seguito della pigiatura degli acini, si ottiene il mosto che successivamente viene trasformato a livello microbiologico, con un alto rischio che si verifichino delle contaminazioni indesiderate, che possono danneggiare l’intera produzione.
Se non vengono adottati i dovuti accorgimenti, le contaminazioni possono verificarsi in qualsiasi fase produttiva (anche all’interno delle botti o nelle stesse bottiglie), con gravi conseguenze economiche e di perdite di tempo.
La cautela più utilizzata nella vinificazione è data dall’uso di anidride solforosa (SO2) e solfiti, ovvero conservanti capaci di interrompere l’attività biologica dei microorganismi indesiderati.
Quello che non tutti immaginano è che l’anidride solforosa, viene prodotta naturalmente anche dalla fermentazione di alcuni lieviti (Saccharomyces cerevisiae) durante la vinificazione, producendone anche più di 200 milligrammi per litro, tutelando l’ambiente dalla proliferazione di altri microorganismi.
A tal riguardo, sono stati effettuati studi sulla reazione che queste molecole producono nell’organismo umano e si è scoperto che effetti collaterali di rilievo possono verificarsi soltanto quando vengano somministrate quantità che si aggirano sui 3500 mg/kg di peso corporeo, e in questo caso, si può parlare di vero e proprio avvelenamento da SO2.
Tuttavia, per rimanere entro limiti prudenziali di sicurezza e a seguito di attente verifiche eseguite, gli Istituti di Ricerca hanno stabilito che il quantitativo massimo di solfiti somministrabile a un organismo umano, in buone condizioni di salute, fosse di 1500 mg/kg di peso corporeo.
I solfiti, aggiunti al mosto in piccole quantità (circa 100/200 mg/l), sono indispensabili per evitare che quest’ultimo (mosto) e il vino che ne scaturirà, si danneggino a causa di batteri (soprattutto lattici e acetici), lieviti e muffe indesiderati.
In pratica fungono da antibiotico, antisettico, antimicrobico, ed evitano o comunque limitano il rischio di danneggiare la produzione che si sta portando avanti.
Inoltre, svolgono la funzione di antiossidanti, limitando i danni da eventuale contatto con l’ossigeno, la funzione antiossidasica, che previene i danni ossidativi di alcuni enzimi (riscontrabile con una mancata brillantezza del colore), la funzione solubilizzante, necessaria per l’estrazione di tannini e polifenoli dalle vinacce, la funzione di chiarifica, che agevola la decantazione delle sostanze in sospensione nel mosto.
In pratica, in ogni fase della vinificazione potrebbe essere necessaria la protezione da parte dei solfiti, vendemmia, pigiatura, travasi, svinature, filtrazione, fino all’imbottigliamento, quindi scordatevi che possa esserci un vino che non abbia avuto bisogno di solfiti.
Per questo motivo, si è dovuta regolamentare la quantità massima nel vino, tollerabile da un organismo umanoche prudenzialmente, per Legge, è la seguente:
Nei vini biologici, il quantitativo massimo ammesso è:
- 100 mg/l per i vini rossi biologici, contro i 150 ammessi nel convenzionale;
- 150 mg/l per i vini bianchi e rosati biologici, contro i 200 ammessi nel convenzionale.
Nei vini liquorosi, l’anidride solforosa invece può essere presente in un quantitativo di:
– 150 mg/l per i vini con livello di zuccheri inferiori a 5 mg/l;
– 200 mg/l per i vini con livello di zuccheri superiori a 5 mg/l.
Nei vini spumanti, il quantitativo massimo ammesso è:
- 185 mg/l di anidride solforosa per tutte le categorie di vini spumanti di qualità
- 235 mg/l di anidride solforosa per tutti gli altri vini spumanti.
Il tenore di anidride solforosa nei vini, diversi dai vini liquorosi e spumanti, non può superare al momento dell’immissione in commercio:
Se i vini contengono una quantità di zuccheri, espressi dalla somma di glucosio e fruttosio, superiore a 5 mg/l il tenore di anidride solforosa è innalzato a 200 mg/l per i vini rossi e a 250 mg/l per i vini rosati e bianchi.
I vini bianchi macerati sulle bucce, (vinificazione pellicolare) o i cosiddetti “orange wine”, dal colore ambrato, non hanno bisogno di un grande quantitativo di solfiti aggiunti, dato che i polifenoli e tannini rilasciati dalle bucce sono di per sé antiossidanti naturali.
Nei VINI ROSSI la dose è sempre inferiore, perché i POLIFENOLI e i TANNINI contenuti nelle bucce già svolgono una funzione antisettica e quindi dosi eccessive di solforosa non sono necessarie.
Tali molecole (solfiti), vengono altresì impiegate come antiossidanti e antisettici non soltanto nel campo vitivinicolo ma anche in moltissime altre preparazioni alimentari confezionate nelle quali la soglia massima consentita è anche molto più alta.
Ad esempio, non tutti sanno che nei prodotti alimentari i solfiti sono indicati con i codici progressivi che vanno da E220 a E228 e si possono trovare ovunque: sottoli, sottaceti, succhi di frutta, frutta secca, frutta con guscio, frutti essiccati (es. mele, banane, albicocche, prugne, cocco e fichi secchi, ecc.), in quantitativi che possono prevedere anche i 2000 mg/kg (ovvero 10 volte di più del massimo consentito nel vino).
Ortaggi, funghi essiccati, patate, mais, patatine fritte, birra e altre bevande alcoliche, prodotti ittici come i crostacei, nella frutta fresca come uve da tavola, litchi e mirtilli, sono presenti perfino in alcuni farmaci.
La diffusione così massiccia di solfiti nel cibo porta diversi critici a pensare che quelli nel vino siano il male minore.
Gli effetti di un eventuale avvelenamento da solfiti (SO2) sono irritazione della mucosa gastrica, dolore e vomito, rientrano nel campo degli allergizzanti, ed è per questo che le Commissioni competenti, hanno imposto che in etichetta venisse indicata l’indicazione “contiene solfiti” laddove i quantitativi presenti superino i 10 mg/l.
La dicitura – in etichetta – “contiene solfiti” potrebbe essere obbligatoria anche nei casi in cui la solforosa non fosse stata aggiunta, qualora i solfiti endogeni, generatisi naturalmente, superassero la soglia di legge dei 10 mg/l.
In tutti i casi, a prescindere dalle diciture, resta a carico del vigneron, o di chi lo rappresenta, dare prova del fatto che il vino non sia stato ‘corretto’ artificialmente, ma che sia solo il prodotto di uve sane e tanta maestria.
In tutto questo, l’effetto meno considerato è proprio quello legato al tanto vituperato mal di testa.
Il processo di vinificazione prevede la produzione di alcol etilico, che è un nervino, e che agisce sul sistema nervoso il cui eventuale abuso o in caso di un’eventuale individuale ipersensibilità, è causa di mal di testa.
La dicitura ‘contiene solfiti’, di per sé, è poco rappresentativa della condotta di una cantina, sia in generale, sia in relazione alla solforosa impiegata, tanto più mancando le indicazioni quantitative.
QUALI VINI CONTENGONO PIÙ SOLFITI?
La quantità massima di SO2 che può essere presente nei vini è sancita dal Reg. CE 606/2009 allegato I B, dove è ammesso che:
I vini spumanti di qualità sono tutti quelli ritenuti qualitativamente superiori rispetto a spumanti generici, che a temperature di conservazione di 20 °C, in recipienti chiusi, hanno una sovrappressione dovuta all’anidride carbonica in soluzione non inferiore a 3,5 bar. Inoltre, è previsto che il processo di produzione non possa essere inferiore ai 6 mesi a partire dall’inizio della fermentazione in autoclave. La durata della fermentazione non può essere inferiore ai 90 giorni.
ESISTONO VINI SENZA SOLFITI? E COSA PRESTARE ATTENZIONE DURANTE L’ACQUISTO?
Abbiamo visto come la concentrazione di anidride solforosa varia in base alla tipologia di vino, aumenta nei vini bianchi e con concentrazioni di zuccheri elevati.
Nei vini rossi è sempre inferiore, perché i polifenoli e i tannini presenti nella buccia svolgono già di per sé una funzione antiossidante.
La concentrazione di anidride solforosa, deve essere però presente in quantità tale da non impattare sulle qualità organolettiche del prodotto finito, e un vino può essere di qualità, anche se contiene solfiti aggiunti, ma non in dosi eccessive.
Ad oggi, per la particolare attenzione posta sulla presenza di solfiti, si stanno sviluppando nuove tecniche di produzione, con l’ottenimento di vini “senza solfiti aggiunti”, durante la fase di fermentazione, si producono naturalmente solfiti, che rimangono nel prodotto finito che viene consumato.
Per ridurre il quantitativo e consumo di solfiti, quindi, si stanno avviando già da tempo produzioni di vini andando a ridurre il quantitativo di “solfiti aggiunti” o eliminandone totalmente l’aggiunta.
Se si parla di vini bio, vini naturali e vini biodinamici non è vietata la presenza di solfiti, ma le concentrazioni sono molto più basse rispetto ai vini convenzionali:
• Vini biologici, concentrazioni di solfiti ammessi va da 100 mg/l per i vini rossi e 150 mg/l per vini bianchi (Reg UE 203/2012)
• Vini biodinamici, concentrazioni di solfiti ammessi va da 70 mg/l per i vini rossi e 90 mg/l per vini bianchi
• Vini naturali, anche se non dovrebbero essere aggiunti a quelli naturalmente presenti, è possibile utilizzarli in quantità che vanno da 30 mg/l per i vini rossi a 50 mg/l per i vini bianchi, se durante la fermentazione alcolica la produzione di solfiti naturali è talmente carente da non garantire l’ottenimento del prodotto finito idoneo ad essere consumato.